È un professore dell’Università, e insegna una di quelle cose che bisogna essere tanto intelligenti per capirle, ma ancora più intelligenti per spiegarle.
È qui in vacanza qualche giorno con la moglie, altrettanto professoressa pure lei.
Secondo me gli studenti dell’università in questi giorni sono tanto contenti.
Arriva calcando bene i passi, attraversando la hall con i suoi scarponi da sci, che si sentono rigidi e pesanti anche solo ad ascoltarli. Li sento pure io, stando due piani più in alto.
La mia collega sta lavorando. Sono giornate di superlavoro, ma lui è in vacanza, e quindi bisogna stare ai suoi comandi, crede.
“Non trovo la porta d’ingresso! Dovete dirmi dov’è la porta di ingresso!”
Ma è già entrato! È qui! Che porta vorrà, adesso?
Scendo le scale di corsa, in soccorso della collega, più che del professorone.
Che scenetta!
Sta seduto in fondo alla scala, si tiene il mento con una mano, e con l’altra traccia segni nell’aria. Percorsi, forse, o forse parole. Mamma mia! Ci devo proprio parlare?
…
Mi dica, Luigi (che ovviamente è un nome finto, altrimenti gli studenti lo riconoscerebbero subito!), come la posso aiutare?
Riemerge dai pensieri e dal torpore. “La porta. Mi serve la porta del deposito.”
Venga: l’accompagno.
Si esce, si cammina cercando di evitare le lastre di ghiaccio, ci si stringe nelle maniche e in men che non si dica … cosa sono questi qui, appoggiati alla porta?
“Eh, no! lei mi sta portando dalla parte sbagliata! Guardi! Questi sono i miei sci! Li ho lasciati io! E qui c’è il cartello che dice che questa non è una porta!”
ehm … come?
“c’è scritto! Non è una porta!”
Cari dell’Università, secondo voi qui attaccato a una porta che ha l’aspetto di una porta, che si apre e si chiude come una porta, dalla quale poco prima siete usciti, perché dovrebbe esserci un cartello che dice che quella non è una porta?
Guardi, Luigi, c’è scritto che questo non è il portoncino notturno.
C’è scritto che su questa tastiera il codice del portoncino notturno non funziona.
Qui ci va l’altro codice. Gliene abbiamo dati due, se lo ricorda?
“beh, è davvero poco pratico. Dovreste scrivere solo un cartello che dice quale codice digitare. Sarebbe molto più comodo! Perché non fate così?”
… perché equivarrebbe a lasciare la porta aperta, mi pare. No?
“no! se fosse aperta il codice non servirebbe nemmeno!”
Cari dell’Università, quand’è che ricominciano le lezioni?
Domani, per esempio?
Ma vengono tutti lì ?
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Anna secondo me li scegli tu per non annoiarti. Buon anno, che ti porti tanti clienti divertenti.
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dici? forse si passano parola. tipo “dai, vai lì e inventati qualcosa di ameno …. “
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Quando ritornerà a casa, troverà che aveva lasciato il cervello sul tavolo, accanto alla frutta…
E allora si renderà conto.
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invece secondo me tornerà e scriverà un libro su “come ricordarsi il codice delle porte”
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