Come si potrebbe fare se non esistessero le montagne a farci ricordare cose che la vita flat non ci ricorda?
Dai, c’è da andare in albergo.
Devo portare su un po’ di robe, cosa veloce. Poi prendo i documenti per il commercialista, e sbrigo quel paio di commissioni rapide, e poi ridiscendo. Ce la faccio: andata e ritorno in una giornata.
Da che parte si sale?
Facciamola bella, sto giro, si sale da Belluno, che voglio passare da Alleghe, e anche dal Fedaia.
Mi piacciono, i laghi.
Da oltre due anni sono la cosa che più somiglia al mare tra quelle che vedo. Non mi piaceva tanto neanche il mare, prima di esserne così lontana. E adesso invece vado dalla strada più lunga perché l’acqua mi quieta, e voglio vedere i laghi: quello di Santa Croce, perfino. Dall’alto, e solo per qualche decina di metri di autostrada, ma anche quello è acqua.
Va bene. Si va per Belluno.
I passi saranno aperti, vero?
Metteva neve, in questi giorni …. Speriamo di no.
Si parte. Macchina piena di robe che a forza di aggiungerne una e poi un’ultima, sono una vagonata. Si parte anche se la giornata in effetti non è delle migliori: cielo grigio, tutto un po’ cupo, aria di brutta giornata di inverno.
Ci si guarda in giro, e tutto sommato la flat land non sembra poi così male: il verde brillante dell’erba bagnata, il marrone dei campi arati, i colori caldi degli alberi più in fondo, e il cielo blu. Blu. Non azzurro, eh? Proprio blu.
Secondo me laggiù piove.
Saliamo.
A Caprile c’è quel cartello che indica se i passi sono aperti o no. In lontananza vedo indicata una luce rossa. Di lì non si andrà: speriamo che non sia proprio il mio Fedaia …..
No! Bene! Il rosso è per il passo Giau. Non mi importa: mai avuto intenzione di passare di là.
Sorrido, anzi, per scaramanzia mi trattengo, e si sale.
Il blu diventa grigio un tornante dopo l’altro.
E poi diventa come opalescente, e nevica.
La strada non sembra sporca, e neanche ghiacciata.
Occhi puntati un po’ oltre quel che si vede: si può solo andare avanti, e pensare alla lucetta verde del cartello di Caprile.
Ai lati la neve è ammucchiata alla buona. Si passa, ma speriamo che non scenda nessuno: in due no, che non si passa.
Uno sbuffo di neve dietro la curva: c’è lo spazzaneve con la fresa. Raccoglie la neve malamente ammonticchiata e la spara oltre il guardrail, di sotto. Vorrei che l’omino dello spazzaneve mi dicesse che più in su ha già pulito tutto, e che si passa tranquilli. Lo guardo un attimo mentre lo incrocio, lui sorride e mi fa ciao con la mano.
Ciao? In che senso, scusa?
Vabbè, tanto la lucina era verde, e io non potrei girarmi neanche se volessi. Avanti.
Piano piano piano.
Strada pulita. Cioè …. Strada senza grossi cumuli, diciamola così.
Qualche tratto di neve battuta, dove lo spazzaneve è passato senza ben raschiare. Si sale.
Si sale fino al passo, e … dai, sembra tutto a posto.
Si prende fiato, ci si guarda un po’ in giro, si fa una foto agli abeti carichi di neve, e si comincia a scendere.
Trecento metri più sotto, una sbarra rossa chiude la strada a metà. Chiude la mia carreggiata, per la precisione. Che si fa?
Neve a cumuli disordinati, asfalto a tratti coperto da uno strato sottile ma insidioso, di girarsi non se ne parla nemmeno.
“Pensa, Anna, se freniamo adesso, arriviamo in volo a Canazei senza fare neanche una curva!”
Dovrebbe far ridere?
“Vedi quella lì? Quella è una lastra pericolosa, perché se ci sali con tutte e quattro le gomme, la macchina va che non la riprendi più.”
Ok. Non saliamoci con quattro gomme, è facile, no?
Sento lo stomaco irrigidirsi, un tornante dopo l’altro, fino a una seconda sbarra rossa, che blocca la carreggiata in salita.
Ottimo. Adesso posso dirmi quello che mi sono taciuta: il passo era chiuso, e io sono passata lo stesso.
Ma mi piacerebbe sapere perché non era indicato prima …. Lucetta rossa per il Giau e anche per il Fedaia, no?
Però intanto si scende, e dovrebbe migliorare.
Si scende e si scende, e in effetti la neve ammonticchiata ai lati lascia un passaggio pulito. Ce la si fa.
Il cortile dell’albergo è un manto bianco e spesso.
“Se lo lasciamo così e poi ghiaccia, domani possiamo invitare Carolina Kostner.”
E via, a fare giri intorno con la macchina, e un po’ avanti e indietro per vedere di rompere la superficie, così almeno se ghiaccia, si esce lo stesso.
Scendo, scarico, prendo fiato ….
Mi tremano un po’ le ginocchia, e mi sento spossata.
Cioè … il passo era chiuso e io sono passata lo stesso. C’è da sentirsi eroi o pirla?
PS: poi qualcuno mi ha detto che i passi erano chiusi tutti: il San Pellegrino, il Campolongo …..
Sarei dovuta restare dall’altra parte, vicino al lago di Alleghe, dove l’acqua non irrigidisce lo stomaco, dove nevica solo quando deve, e dove non ci sono cartelli che dicono verde anzichè rosso.
Andrò a casa domani, facendo il giro dall’altra parte: niente laghi, niente dubbi, solo autostrada lunga e noiosa, ma almeno lo stomaco non ti si aggroviglia.
E non hai il dubbio: né eroi né pirla. Solo lontani.
Un po’ eroi, un po’ pirla.
O forse, solo la segreta speranza che non capitino a noi queste cose, perché di solito succedono agli altri.
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