È passato un po’ di tempo, tanto che quasi non mi ricordo dove eravamo rimasti.
Il Trasloco parte 1 è stata una passeggiata, rispetto alla parte 2, e alle conseguenze.
Il Trasloco dovrebbe davvero essere vietato per legge, o dovrebbe almeno prevedere un congedo retribuito di un paio di mesi, per recuperare.
Recuperare.
È il grande tema del post trasloco.
Bisogna senza dubbio recuperare energie, ma anche orientamento, e oggetti.
Com’era che si diceva? “approfitto del trasloco per disfarmi di un sacco di robe inutili”.
Grande proposito, se si avessero quei famosi due mesi di congedo.
Io invece mi ritrovo con una dozzina di scatoloni ben fatti, con la descrizione del contenuto all’esterno. E poi un’altra trentina che come descrizione ha “cose che erano nel cassetto a sinistra”, oppure “robe miste dalla scrivania”. Davvero né utile né dilettevole: solo sbrigativo. E disorientante.
Mi spiace non avervi raccontato on line il giorno dell’effettivo trasloco:
cinque personaggi forzuti ed organizzati, in quattro ore mi hanno spostato tutto da una casa all’altra, e hanno anche rimontato i mobili.
È iniziata con me che stavo seduta su uno scatolone di “robe dell’armadio blu” e davo indicazioni sul dove avrebbero dovuto portare cosa, e poi uno degli operai ha detto “mi sembri stanca: se vuoi ti portiamo di là insieme alla poltrona.”
Assicuro solennemente che c’è mancato poco che glielo lasciassi fare.
Giusto un residuo di amor proprio mi ha trattenuta dall’alzare il pollice e dare il via alla mia personale traslazione.
Fa niente.
Sono andata “di là”, nell’immenso deposito di scatoloni che progressivamente è diventata la nuova casa.
Non sto a dettagliare: al momento ho perso l’asciugacapelli, la scatola dei medicinali, gli inchiostri da calligrafia, il tricolore da esporre il 2 giugno, il costume da bagno, la scatola delle spezie.
E in cambio non ho trovato niente. Incredibile: un sacco di cose smaterializzate in cambio di nulla.
Sarà perché al momento ci vivo proprio poco, e mi sono limitata a collocare negli armadi scatoloni ancora pieni e chiusi. Ma se c’è scritto di fuori “cancelleria” le spezie e il costume non ci sono di certo, credo.
Fa niente.
La casa nuova è fresca, grande, comoda, un po’ demodée (come me).
Ci si starà bene, quando si comincerà a sentirla Casa.
Intanto ci torno tra qualche giorno, giusto a prendere valigie e carabattole (quelle che troverò) per la nuova avventura tra i mufloni.
Ci siamo, gente: si riparte già.
E penso ai troppi di quelli cui avevo detto “dobbiamo proprio vederci, ma c’è tempo”.
Certo: c’è più tempo che vita, e anche più tempo che fuori stagione.
A presto.
Qui, almeno.